Il corridoio non è solo un passaggio è uno spazio di benessere psicologico
Scopri come progettare il corridoio in chiave, olistica ed energetica per migliorare il benessere psicologico nella tua casa. Non è solo uno spazio di passaggio.
PSICOLOGIA E AMBIENTE DOMESTICO
5/26/20258 min read


Quante volte entriamo in casa, attraversiamo il corridoio e nemmeno ce ne accorgiamo? È lo spazio che collega, che accompagna, che divide. Ma anche quello che, troppo spesso, viene trattato come “spazio morto”. Lo chiamano disimpegno, come se non avesse nulla da dire. Invece, il corridoio è uno degli ambienti più sottovalutati e, al tempo stesso, più potenti nel determinare la qualità della nostra esperienza abitativa.
Sì, perché i corridoi, quando non sono progettati con cura, diventano ambienti “ristretti, bui, spogli” e questa sensazione si infiltra, in modo subdolo, in tutta la casa. È come un fastidio che non sappiamo spiegare. Uno spazio che, invece di accompagnarci, ci blocca, ci soffoca, ci disorienta.
Eppure, c'è un intero filone di pensiero, oggi sempre più rilevante, che ci insegna a ripensare ogni spazio della casa — anche e soprattutto quelli "di passaggio" — come parte integrante del nostro benessere profondo. Si chiama psicologia dell’abitare, e ci invita a guardare la casa come un’estensione viva della nostra interiorità.
Uno degli sguardi più lucidi in questo campo è quello di Donatella Caprioglio, psicologa e psicoanalista che ha dedicato molti dei suoi studi proprio a questo legame tra spazio e psiche. Nel suo lavoro troviamo un’affermazione potentissima: "Abitare è abitarsi". La casa, insomma, non è solo un contenitore, ma un riflesso — o addirittura una proiezione — del nostro mondo interiore.
E quando cominciamo a vedere in questo modo anche il corridoio, cambia tutto.
Il corridoio secondo Donatella Caprioglio: confine, rifugio e transizione
Donatella Caprioglio ha sviluppato il suo pensiero in anni di studio e consulenze in Italia e in Francia, e lo ha espresso in libri fondamentali come Nel cuore delle case e Mura Sensibili. Quest’ultimo è stato scritto durante il primo lockdown del 2020, ed è forse uno dei testi più profondi su cosa significhi davvero “abitare” oggi. L’ho letto tutto d’un fiato e ora è sempre sulla mia scrivania perché devo ammettere che lo consulto molto spesso.
La casa, ci dice Caprioglio, può essere sia un rifugio terapeutico che una prigione. Tutto dipende da come sono organizzati gli spazi e dal grado di ascolto che riusciamo a dare ai nostri bisogni più profondi.
E tra questi spazi, uno dei più importanti — e più trascurati — è proprio il corridoio.
Caprioglio critica apertamente il mito dell’open space, diventato un cliché dell’abitare contemporaneo. Non è vero che “meno muri è meglio”. Non è vero che dobbiamo per forza vivere tutti insieme nella stessa stanza multifunzione. Al contrario, scrive:
“Abitare è avere ognuno uno spazio per sé, e non ognuno un ‘angolo’ per sé.”
La differenza sembra sottile, ma non lo è: ognuno di noi ha bisogno di spazi intimi, distinti, riconoscibili. E il corridoio, in questa logica, è fondamentale: è ciò che separa, definisce, protegge. È ciò che ci consente di passare non solo fisicamente, ma anche mentalmente, da uno stato all’altro.
Caprioglio parla di “suddivisione ragionata degli spazi”: un’architettura che non sia solo funzionale, ma psicologicamente centrata. Le case del passato lo facevano: tanti ambienti, tanti confini, tante funzioni chiare. I corridoi erano parte integrante di questo equilibrio. E non erano spazi vuoti: erano corridoi attrezzati, pieni di significato.
Cosa vuol dire “attrezzati”? Mobili contenitori, scaffali, sedute, punti luce, quadri, fotografie. Ma anche spazi vuoti progettati con criterio, dove la luce si diffonde o dove possiamo semplicemente rallentare. Il corridoio, se pensato così, diventa un microcosmo che contribuisce all’ordine, al senso di controllo, al benessere emotivo.
Il lockdown ce lo ha ricordato con forza
Durante il periodo della pandemia, molte persone si sono trovate a vivere interamente dentro casa per settimane, mesi. Lì si è visto con chiarezza quanto gli spazi di transizione — come i corridoi — fossero importanti. Quando tutto si fonde (lavoro, sonno, svago, relazioni), diventa fondamentale avere confini. E i corridoi li possono creare: fisicamente, certo, ma anche psicologicamente. Sono passaggi che ci aiutano a chiudere una porta, girare pagina, staccare la testa. Sono “porte da chiudere” che ci proteggono dall’iperconnessione e dal burnout.
Caprioglio lo dice chiaramente:
“Le case di una volta erano suddivise in molti ambienti e permettevano di avere più spazi, come ripostigli o luoghi di servizio, senza considerare l’importanza dei corridoi, meglio se attrezzati.”
In quest’ottica, architetti e designer non sono solo tecnici. Sono chirurghi dell’anima, dice Caprioglio. Devono saper ascoltare empaticamente, andare oltre le parole, cogliere i bisogni inconsci di chi abita. Progettare il corridoio — come ogni altro spazio della casa — è un lavoro spirituale, psicologico, creativo. E non è mai neutro.
Il corridoio come spazio funzionale: contenere, separare, accogliere
Quando il corridoio è ben pensato, non è solo un “condotto” tra stanze. È un sistema nervoso secondario della casa. Mette in connessione, sì, ma organizza, divide, accoglie. Parte spesso dall’ingresso e separa la zona giorno da quella notte. In alcune case distribuisce anche gli spazi di servizio. È un percorso strutturale, ma anche un’occasione progettuale potentissima.
Da un punto di vista funzionale, può diventare una vera miniera di soluzioni:
armadi contenitori a tutta altezza o a muro,
scarpiera o comò a profondità ridotta,
consolle leggere e mensole sospese per evitare ingombro visivo,
punti d'appoggio veloci per chiavi, posta o piccoli oggetti.
E poi può essere “vivo” — ospitare librerie a giorno, piccole sedute, quadri, specchi. È una zona che può dire chi siamo, anche solo nei due passi che facciamo per andare in camera.
E la cosa interessante è che il corridoio, proprio perché piccolo e sfidante, diventa un perfetto laboratorio micro-architettonico.
È qui che si può giocare con proporzioni, materiali, colori, luce, arredi, in modi intelligenti e anche creativi.
Luce, colore e percezione: il trucco è nell’occhio (e nel dettaglio)
I corridoi lunghi, stretti e bui sono la croce di molte case. Creano disagio, schiacciano lo sguardo, rendono tutto più faticoso. Ma si può intervenire, eccome.
Come?
Colori chiari (bianco, avorio, grigio perla) per espandere visivamente lo spazio.
Illuminazione puntuale e diffusa con LED, faretti, applique, strisce integrate.
Specchi che riflettono la luce e danno profondità (elemento chiave).
Tappeti tipo runner per accompagnare il passo e, volendo, accorciare otticamente la lunghezza.
Mobili leggeri e sospesi per mantenere aria e libertà di movimento.
E se il corridoio è più corto e largo? Allora si può osare: pareti laterali colorate, elementi orizzontali che valorizzano la larghezza, mobili più importanti.
Con i soffitti alti, invece, attenzione: possono farci sentire spaesati. Un trucco? Colori più scuri sul soffitto, lampade sospese che abbassano visivamente, oppure un controsoffitto che nasconde impianti e crea gioco di volumi.
Materiali e decorazioni: resistenza sì, ma anche anima
Il corridoio è zona di passaggio, quindi serve resistenza. Ma resistenza non vuol dire freddezza.
Per i pavimenti, scegli materiali duri: parquet, laminati di qualità, piastrelle in gres. Meglio se continui con quelli delle stanze, per dare coerenza.
Per le pareti, puoi giocare con:
carta da parati 3D o texturizzata,
boiserie moderne in legno o mdf,
pannelli decorativi.
I tessuti (tende, tappeti, tende scorrevoli) ammorbidiscono e scaldano.
E poi c’è l’arredo decorativo:
una galleria a parete con stampe, foto, arte personale,
piante da interni resistenti alla poca luce,
un punto focale finale (un quadro, una poltrona, una consolle).
Tutto questo non serve solo “a fare bello”. Serve a sentirsi meglio. Perché la bellezza, se progettata con intenzione, è terapeutica.
La psicologia invisibile del corridoio
Oltre alla funzionalità, c’è una dimensione sottile — quasi invisibile — che il corridoio attiva: la nostra risposta psicologica agli spazi.
Un corridoio stretto, buio, pieno di oggetti, crea ansia. Uno chiaro, ordinato, con punti di interesse, calma. E il nostro sistema nervoso lo percepisce in pochi secondi, anche se non lo razionalizziamo.
In epoca post-Covid, si è parlato molto di “sindrome da corridoio”: è quando le funzioni della vita si fondono tutte in uno spazio continuo, senza stacchi, e ci si sente sempre “accesi”. Una casa senza confini, infatti, può generare più stress che comfort. E allora il consiglio, anche letterale, è: chiudi le porte. Costruisci zone distinte. Lascia che il corridoio ti accompagni da una funzione all’altra, con dolcezza.
Feng shui e corridoio: energia che scorre (troppo o troppo poco)
Nel Feng Shui, i corridoi sono canali energetici. Vengono paragonati alle arterie del corpo. Trasportano il Chi, l’energia vitale. Ma attenzione: se il flusso è troppo veloce (tipico dei corridoi lunghi e dritti), si crea un effetto chiamato Sha interno, che può disturbare l’equilibrio.
Come si risolve?
interruzioni visive (tende, quadri, oggetti, luci alternate),
pavimentazioni orientate perpendicolarmente alla lunghezza,
mai luce scarsa (un corridoio buio porta stagnazione),
niente corridoi “a tunnel” o che dividono in due la casa.
I colori nel Feng Shui vanno usati con attenzione: niente rossi o neri nei passaggi. Meglio tonalità che armonizzano, rilassano, nutrono. Il corridoio diventa così un “filtro” energetico, non solo uno spazio fisico.
Tracce nella storia: i corridoi esistono da sempre
Il corridoio non è un’invenzione moderna. È nato con l’architettura stessa, quando gli edifici sono diventati complessi e articolati. Già nei templi mesopotamici ed egizi si trovano spazi di connessione tra ambienti sacri e profani. Anche i romani, con la loro visione molto strutturata dell’abitare, ne facevano largo uso, spesso in forma di passaggi coperti, costruiti in mattoni a vista.
Ma è nel Rinascimento che il corridoio diventa anche simbolico. L’esempio più famoso? Il Corridoio Vasariano a Firenze. Costruito nel 1565 su ordine di Cosimo I de’ Medici, collega Palazzo Vecchio (luogo del potere politico) a Palazzo Pitti (residenza privata), passando sopra la Galleria degli Uffizi e il Ponte Vecchio. Un’opera geniale, discreta e potente. Serviva per spostarsi in sicurezza, ma era anche un messaggio visivo: il potere ha il suo passaggio segreto, il suo spazio invisibile.
Durante il fascismo, in vista della visita di Hitler, furono addirittura installate finestre panoramiche per rendere il percorso più scenografico. E proprio queste modifiche pare abbiano salvato il ponte dalla distruzione, perché Hitler ne fu affascinato.
Un altro esempio ancora più “difensivo” è il Passetto di Borgo a Roma, soprannominato “er corridore”: un passaggio sopraelevato tra il Vaticano e Castel Sant’Angelo, usato dai papi come via di fuga in caso di pericolo.
Insomma, il corridoio è da sempre uno spazio tra potere e protezione, tra pubblico e privato, tra funzione e simbolo.
Il corridoio come teoria: tra spazio e senso
Dal punto di vista teorico, il corridoio è uno di quegli spazi che sfidano le definizioni rigide. È un “between space”, uno "spazio tra".
In architettura, questa idea è stata esplorata da autori come:
Bernard Tschumi, che vede il “tra” come un luogo fertile dove succedono cose imprevedibili;
Peter Eisenman, per cui il between distrugge le opposizioni rigide (tra forma e funzione, tra struttura e decorazione);
Andrea Branzi, che lo descrive come uno spazio libero, astratto, inafferrabile, ma vitale.
Il corridoio, per sua natura, non ha una funzione fissa: collega, separa, raccoglie, a volte espone, a volte nasconde. È mutevole, ambiguo, sempre pronto a essere trasformato.
Ed è proprio qui che risiede la sua forza progettuale.
Il funzionalismo moderno — quello che vedeva la casa come “macchina per abitare”, per usare le parole di Le Corbusier — ha ridotto il corridoio a un lusso inutile. Ma oggi sappiamo che questa visione ha dimenticato qualcosa di fondamentale: l’essere umano concreto.
Mies van der Rohe, pur essendo figlio dello stesso movimento, aveva già capito che l’architettura doveva sì essere razionale, ma anche bella, funzionale, confortevole e armoniosa. E nel suo approccio, il corridoio non sparisce: si adatta, si evolve, ma resta.
Conclusione
Dopo tutto questo viaggio, possiamo dirlo forte: il corridoio non è uno spazio minore. È un luogo simbolico, funzionale, psicologico, energetico, storico. È un micro-mondo che racchiude tanti livelli di significato, e può trasformare profondamente la qualità della vita in casa.
Dal punto di vista psicologico è uno spazio che favorisce il benessere se progettato con attenzione. Permette la transizione emotiva tra le funzioni della casa, e crea confini sani.
Dal punto di vista funzionale ed estetico, è un’occasione per migliorare la percezione spaziale e inserire elementi pratici senza rinunciare alla bellezza.
Dal punto di vista energetico, nel Feng Shui il corridoio è una vena di energia, da trattare con cura per non accelerare o bloccare il flusso vitale del Chi.
E dal punto di vista storico e teorico, è un elemento che attraversa secoli e culture, sempre presente, sempre adattabile, sempre in dialogo con i bisogni più profondi delle persone.
Il corridoio ci parla, anche quando non lo ascoltiamo.
E allora forse è ora di dargli voce. Di progettarlo con cura. Di arredarlo con rispetto. Di viverlo come parte della nostra identità.
Immagine realizzata con AI
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